lunedì 4 luglio 2011

Il caffè: fa bene o fa male?

L’origine della pianta del caffè si perde nella storia, avvolta nel mistero di affascinanti leggende. Una delle più famosi ci proviene dal monastero di Cheodet, nello Yemen, secondo la quale i religiosi facevano uso di una bevanda ricavate da certe bacche, per prolungare le veglie di meditazione e di preghiera. L’origine della pianta del caffè si perde nella storia, avvolta nel mistero di affascinanti leggende. Una delle più famosi ci proviene dal monastero di Cheodet, nello Yemen, secondo la quale i religiosi facevano uso di una bevanda ricavate da certe bacche, per prolungare le veglie di meditazione e di preghiera.

I chicchi di caffè sono i semi di una pianta sempreverde, appartenente alla famiglia delle Rubiacee, genere Coffea. I chicchi si trovano all’interno della polpa dei frutti, il colore dei chicchi varia nelle diverse specie del genere Coffea (verde- azzurro, giallo-marrone) . I frutti, comunemente chiamati ciliegia hanno una forma ovoidale e dopo 6-7 mesi maturano passando dal colore verde al colore rosso.
I chicchi di caffè prima di essere utilizzati per la preparazione delle bevande, devono subire la torrefazione, che consiste nel sottoporli ad una temperatura di 200-220°C. In questa fase, le sostanze contenute nel chicco subiscono delle trasformazioni fisiche; per esempio la caramellizzazione degli zuccheri ( responsabile del colore marrone), la carbonizzazione della cellulosa e la formazione di composti volatili.

La caffeina è un alcaloide naturale contenuto non solo nel caffè ma anche nei frutti e nei semi di altre piante come l'erba mate, il cacao, il tè, il guaranà, ecc.

Contenuto medio di caffeina in bevande di uso comune

CAFFE' 85 mg (una tazzina).
THE 28 mg/150 ml (tanto maggiore quanto più lungo è l'infuso)
CACAO 100 mg/100 g



La caffeina appartiene chimicamente al gruppo delle metil-xantine, che comprende anche la teofillina (presente soprattutto nel tè) e la teobromina (presente soprattutto nei semi di cacao).
La caffeina può essere estratta dai chicchi di caffè, dando quindi il caffè decaffeinato, attraverso delle procedure che utilizzano delle sostanze tossiche.

Un mito da sfatare è quello relativo al fatto che il caffè fatto in casa è più leggero, in realtà la percentuale di caffeina nella bevanda finale è tanto più significativa quanto più lungo è il tempo di estrazione, di conseguenza il caffè espresso, in virtù dell’alta pressione del vapore acqueo, viene estratto in pochi secondi e quindi contiene una percentuale di caffeina inferiore rispetto al caffè fatto in casa.

La caffeina, viene assorbita dallo stomaco e dall’intestino e giunge nel sangue, con un picco plasmatico massimo, dopo circa 60 minuti, dall’ingestione, si distribuisce rapidamente su tutti i tessuti, attraversando la barriera ematoencefalica e la placenta. Può essere presente nel latte materno e quindi particolari precauzioni devono essere prese in caso di gravidanza ed allattamento.

L’assunzione di 100 mg di caffeina porta a concentrazioni plasmatiche comprese tra 1,5 e 1,8 mg/ml. In un soggetto sano , tre caffè al giorno sono una dose normalmente ben sopportata, che permette di sfruttare gli effetti positivi dei suoi componenti: al mattino farà aumentare il tono adrenergico, necessario per affrontare gli impegni della giornata; dopo pranzo contrasterà la tendenza alla riduzione della vigilanza, tipica dei pazienti con digestione lenta o particolarmente laboriosa. Un terzo caffè può essere assunto a metà pomeriggio, soprattutto negli individui che abbiano la necessità di sostenere il tono nervoso fino a sera.

L’eliminazione, quasi totale della caffeina dall’organismo avviene dopo metabolizzazione epatica anche se circa il 10% viene eliminata, sempre per via renale, come caffeina immodificata.
L’emivita della caffeina è di 2,5 – 4,5 ore nell’adulto, e si prolunga notevolmente nel neonato a causa dell’immaturità del suo sistema enzimatico. Vari fattori possono influenzare l’emivita della molecola, fra tutti lo stato di gravidanza, non va però dimenticato che l’assunzione di alcool o farmaci quali contraccettivi, tendono a prolungarla, mentre il fumo la diminuisce poiché accelera il metabolismo epatico.

La caffeina svolge un effetto stimolante sul sistema nervoso centrale, induce infatti un aumento delle facoltà mentali, riduce la sonnolenza, la noia e la stanchezza e gli stati depressivi; potenzia le capacità della memoria e dell’apprendimento, dell’intuizione e della concentrazione; facilita la percezione degli stimoli sensoriali; attenua alcuni tipi di cefalea ed emicrania, tuttavia vi sono altre azioni fisiologiche quali aumento della pressione arteriosa e del numero delle pulsazioni cardiache.

Per l’azione diuretica e di attivazione di tutti i metabolismi organici, il caffè si può considerare un alimento dimagrante infatti l’aumento dell’adrenergia e la conseguente stimolazione tiroidea inducono un maggior consumo di glucosio, aumentano il metabolismo basale e provocano il catabolismo dei lipidi di deposito.

Il caffè facilita la digestione, favorendo la secrezione dei succhi gastrici e lo svuotamento dello stomaco.

Il caffè può essere utilizzato anche da individui, senza danni renali, con diabete, in quanto nei casi di crisi iperglicemiche, una tazzina di caffè amaro, riduce velocemente il glucosio nel sangue per azione del rene che viene sollecitato ad eliminare il glucosio in eccesso, per azione del pancreas che aumenta la produzione d’insulina e quindi il consumo periferico degli zuccheri e per azione dell’epatocita che è costretto ad utilizzare lo zucchero presente in circolo.

Il caffè è in grado di potenziare la capacità di contrazione muscolare, di ridurre la stanchezza e di migliorare il coordinamento dei movimenti e il rendimento sportivo. Per questa sua azione tonica, sulla muscolatura, il caffè è indicato negli sportivi, in quanto allevia la stanchezza, specialmente nelle attività agonistiche di lunga durata, quando la fatica si fa sentire e i movimenti tendono a farsi pesanti.

Per la presenza di caffeine, il caffè dopo circa 30-40 minuti dall’assunzione, può svolgere un’azione antalgica in caso di dolori sordi e profondi, intensi e vagamente pulsanti.

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